Il futuro di Ange

18.10.2013

Madagascar, Terra di contrasti e di speranze

Tanà, la capitale.

Questa mattina ci siamo svegliate presto; l’aria a 1600 metri è frizzante, il sole inizia ad illuminare una città ancora assonnata. Tra non molto si rianimerà con il brulichio frenetico di persone, mezzi di ogni genere, bancarelle variopinte, vivaci mercati dove odori e voci si fondono.

Oggi seguiremo suor Mariangiola nella sua visita quotidiana al popolo della bidonville. Ci avviamo a piedi, quel mondo non è poi così distante, proprio sopra l’oasi di pace della Casa delle Piccole Serve, dove alloggiamo.

Camminiamo in silenzio. La strada è scomparsa, le case pure. Hanno lasciato il posto ad un labirinto di stretti sentieri sconnessi che invade la collina, penetrando un ammasso di fatiscenti ripari in legno e lamiere arrugginite, intersecando canali di fognatura a cielo aperto; non c’è traccia di elettricità né di condotte dell’acqua potabile. Seguiamo incerte la minuta suora; ha un passo veloce nonostante i suoi 75 anni! Conosce ogni recondito anfratto di questa realtà ed al suo passare gli anziani la salutano con il rispetto dovuto a persona che merita stima. I bimbi le corrono incontro sorridenti e la fanno sentire più che mai a casa, in questa terra africana che calpesta da più di 50 anni.

Passa da baracca a baracca, salutando, accarezzando, stringendo mani,  ammiccando. Ogni volto le ricorda una storia che ci trasferisce, raccontando aneddoti o vicende vissute. Controlla gli ammalati, porta medicine e riso, conforta le mamme e le consiglia. Per tutti ha una parola di conforto che diventa sollievo.

Scarichiamo i nostri zaini lasciando ciò che avevamo portato: maglioni per l’inverno, vestitini per i più piccoli, matite e gessetti colorati. Il nostro superfluo che diventa un effimero momento di felicità.

Il sole ora è alto, fa caldo. La strada del ritorno la facciamo assieme ad una bimbetta che ci segue instancabile per l’intero tragitto. E’ scalza, grandi occhi marroni, ci parla in malgascio, non capiamo nulla…  Si chiama Ange, ci dice suor Mariangiola, è la terza di 5 fratelli, orfana di padre, la madre con  una malattia alle gambe che le impedisce di camminare. Raggiunto un invisibile limite si ferma ed alzando una mano in segno di saluto lascia che continuiamo il nostro rientro. Due mondi. Due mondi  che si incontrano, si conoscono e si salutano pronti per incontrarsi ancora.

Qualche giorno dopo, alla Casa delle Piccole Serve, assistiamo all’annuale festa per la distribuzione del materiale scolastico ai bimbi poveri del rione; provengono da famiglie sprovviste di mezzi economici, ma non per questo destinati a rimanere senza istruzione. Ogni anno le Piccole Serve, grazie ai sostenitori, pagano loro le tasse scolastiche, i libri e garantiscono ogni giorno un pasto caldo in convento.

I futuri scolaretti attendono ordinati il proprio turno. In fila, con nostra sorpresa, c’è anche Ange, guarda se la riconosciamo e ci saluta emozionata con un cenno della mano. Sarà il suo primo anno di scuola.

Terminata la distribuzione, i bambini si esibiscono per noi in uno spettacolo di canti ed antiche danze popolari malgasce; per il gran finale hanno preparato un cartello con la scritta “Grazie Amici del Madagascar”.

Ange, raggiante, correrà poi a mostrarci orgogliosa i suoi quaderni, penne, colori e grembiulino verde. Ci regalerà un sorriso impossibile da dimenticare.

Poco dopo la scorgiamo incamminarsi soletta verso il sentiero che porta alla baraccopoli. Sul suo viso la serietà di un adulto. Ciò che stringe così preziosamente al petto sono solamente quaderni ed un grembiule, ma lei sembra capire che è il suo avvenire.

In Madagascar la scuola è un lusso. Ange è una bambina fortunata perché ha incontrato chi, attraverso una penna, un quaderno, un libro, le dà la possibilità di volare con la fantasia, di capire le cose del mondo, di viaggiare oltre il proprio villaggio.

Ci colpisce la fierezza con la quale stringe quel piccolo pacco, sta portando con sé molto più che penne e quaderni, porta con sé la speranza di un futuro migliore.

Per lei e per il suo Paese.

Caterina