E pensare che mi lamentavo!

Mi lamentavo per il traffico “caotico” di Trento, per le code provocate da qualche camion. Troppo piano per i miei ritmi; mi lamentavo per le code dal medico o al pronto soccorso. Mi lamentavo di tutto quello che limitava le mie aspettative.

Un giorno, Sergio mi ha convinto a seguirlo in Madagascar.

Tante le mete che si dovevano raggiungere, ma due in particolare mi premevano. Tulear con la missione di Ambohimahavelona, per incontrare alcuni bambini in adozione, in particolare Theotina, la bambina che io e Luisa abbiamo adottato. La Bemaha, tanto amata da Sergio, dove gli Amici del Madagascar hanno finanziato un dispensario da poco in funzione.

Arriviamo nella capitale Tanà provenienti da Parigi.

Siamo ospitati presso la missione Salesiana “Maison don Bosco”, base e punto di partenza per le nostre visite. Nei primi 2 giorni ci concentriamo sulle missioni della capitale. Facciamo visita alle suore Francescane, alle Piccole Serve, alla parrocchia “Notre Dame de Fatima” gestita da Padre Leonard, al centro ACBHM dove vengono assistiti ragazzi disabili e altro ancora.

Tanà mi sconvolge per tutto, ma in particolare per il traffico. Per attraversare la città, tra andata e ritorno, ci vogliono dalle 4 alle 6 ore di macchina dipende dall’orario che si sceglie. Per visitare le sedi sopra menzionate abbiamo dovuto attraversare la città diverse volte, ma il tempo passato in macchina non mi dava fastidio, c’era troppo da vedere.

Tutto si svolge in strada, la vita si svolge in strada. Affascinato guardavo lo svolgersi quotidiano, ma un pensiero mi ronzava nella testa: se uno sta male, come fa a raggiungere un ospedale, ma dove sono gli ospedali, come mai non si vede nemmeno una autoambulanza e pensare che la città ha oltre 2 milioni di abitanti.

Non sapevo che presto avrei toccato con mano i miei pensieri.

Partiamo per Tulear, città che si affaccia sul canale di Mozambico, posta 800 km a sud di Tanà.

Le Suore Orsoline ci attendono all’aeroporto e ci portano nella loro missione: accoglienza commovente. Visitiamo le strutture scolastiche costruite con l’aiuto della nostra Associazione, incontriamo le famiglie di alcuni bambini in adozione e finalmente posso incontrare Tehotina, la “mia” bambina in adozione a distanza.

Il giorno seguente, con un fuoristrada raggiungiamo la missione di Ambohimahavelona. Ci vogliono quasi due ore di pista polverosa, ma arrivati si apre una vallata verde, ricca di acqua e quindi risaie. Una piccola oasi.

Durante il percorso, anche se affascinato dalla durezza del paesaggio, mi continuavano a ronzare dei pensieri nella testa. Se qui uno sta male, chi cristo lo aiuta?

Ma in un posto come questo, dove sono le scuole e come fanno i bambini a raggiungerle. Ma chi verrebbe ma in un posto come questo ad aiutare questa povera gente? La risposta la trovo nella missione che raggiungiamo.

Siamo accolti dalla madre superiora suor Berthine. Poche suore, a dir poco eccezionali, gestiscono la scuola, la mensa, fanno quello che possono per gli ammalati, la formazione dei giovani, la catechesi, gestiscono le famiglie in adozione, l’orto, il pollaio, ecc. ecc.

Qui incontriamo un altro gruppo di bambini in adozione. È un continuo sviluppo di emozioni. I brutti pensieri mi abbandonano grazie alla commovente accoglienza delle suore e alla serenità che la gente sprigiona.

Qui la povertà è dignitosa, sorride. Si riparte in aereo per la capitale Tanà. Siamo partiti da Tulear dove la temperatura e l’umidità non ti danno tregua, ti sfiancano, siamo ritornati a Tanà a 1500 metri s.l.m. dove la notte ti metti le coperte. Appena scesi dall’aereo, probabilmente a causa dei fattori menzionati, ho una crisi micidiale. Il cuore batte velocemente, la testa gira e provo una forte pressione sul petto. In qualche modo Sergio mi aiuta a raggiungere la Maison Don Bosco. Non mi reggo in piedi, qualcuno chiama un medico che decide di mandarmi in un ospedale, ha paura che si tratti di infarto.

Vengo caricato su una macchina, si va all’ospedale cattolico ma dopo 10 minuti siamo già bloccati nel traffico della città e l’aria è ancora più irrespirabile. L’ospedale dista solo pochi km da dove ci troviamo ma ci vorrebbero almeno 2 ore per raggiungerlo.

Erik, il padre salesiano che ci accompagna, ci parla di un ospedale luterano più vicino e visto il mio stato decidiamo per quello. Sergio è molto preoccupato e agitato ma cerca di tranquillizzarmi. Arrivati all’ospedale, con la coda dell’occhio vedo dove mi trovo ed è preoccupante.

Di sicuro non si avvicina alla nostra idea di ospedale. I pensieri si fanno più confusi e la sensazione di malessere aumenta. Vengo visitato e poi accompagnato in una cameretta in cima a delle scale. Mi mettono sotto flebo. Chiedo a Sergio dove siamo finiti.

Mi tranquillizza dicendomi che tutto va bene e che i medici stanno facendo tutto ciò che serve. Avvisata da Sergio arriva suor Mariangela con una nuova sorella.

Hanno dovuto farsi parecchi km a piedi per portarmi del tè caldo; anche la sua macchina era rimasta bloccata nel traffico. La sua presenza mi dà coraggio. Sorride sempre, è un vulcano di energia positiva. Parla con i medici e poi mi informa che il cuore non ha niente. La stanchezza, le alte temperature, lo stress, hanno provocato una fortissima congestione.

Suor Mariangela mi dice che se non avessi rimesso avrebbe potuto finire male. L’ospedale non da assistenza extra medica e Sergio decide di passare la notte con me. Non c’è niente dove possa sistemarsi e comincia a fare freddo.

Deve dormire per terra ricoprendosi con tutto quello che avevamo. Per fortuna arriva il mattino, le flebo hanno fatto effetto. Comincio a sentirmi meglio. Mi fanno l’elettrocardiogramma. Tutto ok.

Il medico vorrebbe tenermi altri 2 giorni in ospedale. Mi consulto con Sergio; se il cuore è ok è inutile rimanere lì, riposerò dai salesiani. I programmi cambiano e la tanto attesa Bemaha deve saltare.

Sono troppo provato per affrontare una trasferta così pesante. Ho voluto scrivere tutto questo, non per raccontare le mie noiose disavventure, ma per pormi e porre a chi mi legge delle domande. Se in Madagascar non ci fossero tutte queste realtà, scuole, ospedali, presidi medici, oratori ecc. gestite da questi/e missionari e volontari, se non esistessero tutte quelle associazioni che aiutano questa gente, cosa sarebbe di loro?

Quando tocchi con mano le difficoltà che li si incontrano, capisci il valore del lavoro svolto dai missionari e gli sforzi che tutte le associazioni fanno.

Dai il giusto valore alle grandi e piccole offerte. Capisci l’enorme valore che hanno le adozioni. Capisci che se tutte queste realtà non esistessero, per tanta gente non rimarrebbe alcuna prospettiva di miglioramento. E pensare che mi lamentavo. A proposito, è già trascorso quasi un mese dal nostro rientro.

Certe sensazioni si stanno ora affievolendo, ma d’ora in poi penso che cambierò il mio modo di vedere le cose essenziali della vita.

Tiziano Nardelli